AÑO 18 Nº 31. ENERO - DICIEMBRE 2023
Dep. Legal ppi 201502ZU4671
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de la revista impresa.
ISSN 1856-7134 / e-ISSN 2542-3231
Depósito legal pp 200602ZU2376
Revista Arbitrada de la Facultad Experimental de Arte
de la Universidad del Zulia
Maracaibo, Venezuela
Revista Arbitrada de la Facultad Experimental de Arte
de la Universidad del Zulia. Maracaibo, Venezuela
AÑO 18 N° 31. ENERO - DICIEMBRE 2023 ~ pp. 82-90
Simone Marino
Università degli Studi di Palermo
Palermo, Italia
simonemarino19.99@gmail..com
Recibido: 03-11-22
Aceptado: 18-12-22
Tra avanguardia e postmodernità: LAmour de loin
di Kaija Saariaho
Entre vanguardia y posmodernidad: LAmour de loin de
Kaija Saariaho
Avanguardia e postmodernità sono i pilastri su cui si fonda
LAmour de loin, opera in cinque atti della compositrice
nlandese Kaija Saariaho su libretto dello scrittore libanese
Amin Maalouf, rappresentata al Festival di Salisburgo il 15
agosto 2000. Frutto di lunga maturazione, questo dramma
ha visto Saariaho muoversi da una concezione materica della
musica verso una poetica musicale più “aerea, nella quale
trovano spazio arte, letteratura e poesia. La trattazione vuole
mostrare come, nel panorama musicale contemporaneo,
sia possibile percorrere una via alternativa agli estremismi.
Saariaho, difatti, riprende in maniera deliberata canoni
estetici ormai del tutto superati, riesumandoli tramite
mezzi musicali ancor più moderni di quelli utilizzati da
autori coevi. A tal ne verrà brevemente analizzata la
concezione estetica della compositrice, per poi esaminare
i principali elementi che hanno reso LAmour de loin l’anello
di congiunzione tra l’avanguardia e la postmodernità.
Parole chiave: Opera contemporanea, avanguardia
musicale, musica postmoderna, musica
nlandese, Kaija Saariaho.
Vanguardia y posmodernidad son los pilares fundantes
de L'Amour de loin, ópera en cinco actos de la compositora
nlandesa Kaija Saariaho sobre libreto del escritor libanés
Amin Maalouf, representada en el Festival de Salzburgo el
15 de agosto de 2000. Fruto de una larga maduración, este
drama vio a Saariaho pasar de una concepción material de
la música a una poética musical más aérea, en la que arte,
literatura y poesía encuentran su lugar. Este estudio pretende
mostrar cómo, en el panorama musical contemporáneo,
es posible una vía alternativa al extremismo. En efecto,
Saariaho retoma deliberadamente cánones estéticos hoy
completamente superados, exhumándolos a través de
medios musicales aún más modernos que los utilizados por
los compositores contemporáneos. Para ello, se analizará
brevemente la concepción estética de la compositora y
se examinarán los principales elementos que hicieron
de L'Amour de loin el vínculo entre la vanguardia y la
posmodernidad.
Palabras clave: Ópera contemporánea, vanguardia
musical, música postmoderna, música
nlandesa, Kaija Saariaho.
Riassunto Resumen
83
Tra avanguardia e postmodernità: LAmour de loin di Kaija Saariaho
Simone Marino
Introduzione
Eros e Thanatos, queste le tematiche fondanti
di uno dei più celebri e suggestivi drammi del nostro
millennio. Unopera costruita sul cristallo, un immenso
duetto amoroso che, nonostante i nefasti esiti, celebra ed
erge a modello spirituale l’amore puro e antinalistico. Un
capolavoro che si regge solo grazie alla potenza espressiva
ed emotiva dei due protagonisti, il trovatore e principe di
Blaye Jaufré Rudel e la contessa di Tripoli Clémence.
Tutto questo e altro ancora è l’opera postmoderna
LAmour de loin [LAmore da lontano] della compositrice
nlandese Kaija Saariaho (1952-2023) su libretto dello
scrittore libanese Amin Maalouf, rappresentata per la prima
volta al Festival di Salisburgo il 15 agosto 2000 con la regia
dell’enfant terrible Peter Sellars. Il dramma in cinque atti
inaugura la felice carriera operistica di Saariaho, facendosi
emblema del suo linguaggio e della sua evoluzione stilistica,
frutto delle esperienze maturate alla Musikhochschule di
Friburgo in Brisgovia e al lavoro di ricerca svolto presso
l’IRCAM di Parigi (Burton, 2006).
Prima di sei opere, LAmour de loin ha visto
crescere il proprio successo ed è stata rappresentata nei più
grandi teatri di tutto il mondo, tra i quali il Metropolitan di
New York (Saariaho. LAmour de loin, 10 dicembre 2016)
e la Finnish National Opera, riscuotendo ampi consensi da
parte del pubblico e della critica. Il successo arriso allopera
d’esordio è servito da stimolo per la creazione di altri
straordinari lavori, tra i quali Adriana Mater (2005), Émilie
(2008) e la più recente Innocence (2018).
Le ragioni della grande fortuna dell’opera – le cui
rappresentazioni sono ancora molteplici in tutto il mondo
– possono essere rintracciate nella potenza espressiva
della poetica musicale di Kaija Saariaho, fondata sulla
dicotomia tra avanguardia e postmodernità. Le due più
grandi tendenze che hanno caratterizzato e caratterizzano
tutt’oggi la musica contemporanea si fondono alla volta
di una nuova e originale interpretazione del linguaggio
musicale: le estremizzazioni tipiche dell’avanguardia e
l’approccio talvolta reazionario della postmodernità sono,
difatti, i pilastri sui quali si fonda l’estetica saariahana e la
poetica sulla quale la compositrice ha eretto LAmour de loin.
Kaija Saariaho e la poetica del sensibile
Sin dalla gioventù, Saariaho si è distinta
per la volontà di tracciare un proprio sentiero e per la
messa in discussione di ogni caposaldo del linguaggio
musicale contemporaneo. Un’importante riessione della
compositrice, difatti, è proprio quella sul ruolo dell’arte
musicale all’interno della nostra esistenza. Scrive:
Qual è la funzione o il signicato della musica
d’arte
1
? Il punto di vista dell’estetica tradizionale
1 Testo originale: “musique d’art” (questa e tutte le traduzioni
sono dell’autore).
è che la musica aiuti gli uomini a scoprire delle
nuove sfaccettature della loro coscienza, che
possa destare dei nuovi sentimenti, o ancora che
essa permetta di distaccarci dal concreto. Tutto
vero, ma insoddisfacente. Una cosa però resta in
ogni caso valida, ossia l’idea che la routine del
quotidiano non possa razionalmente permetterci
di raggiungere un alto livello di realizzazione
– ciò di cui invece la musica è capace. Questo
preciso aspetto della vita e del pensiero umani è
spesso trascurato all’interno delle nostre società
razionali; peraltro esso non è semplicemente
ignorato, ma per di più continua a rimanere
un potenziale inesplorato. Qualche volta mi
domando se le musiche che componiamo siano il
risultato dell’attrito tra musica e mondo esteriore,
o piuttosto quello dell’energia dell’ambiente, la
stessa che ritroviamo nella natura e nelle arti, o
quella che ci trasmettono gli altri. (Saariaho, 2013,
p. 207)
Il legame intrinseco tra musica, arte e mondo si
prola come il perno dell’estetica saariahana; l’espressione
di derivazione adorniana “musique d’art” (Adorno, 2002, p.
15), più volte utilizzata negli scritti, è sintomo del crescente
avvicinamento della compositrice nlandese a una
concezione sempre più astratta e aerea della musica
2
: la
musica è pura arte del tempo, e il musicista – compositore
o meno – costruisce e regola l’esperienza del usso del
tempo. In musica il tempo si fa materia, e da ciò deriva
che comporre vuol dire esplorare il tempo sotto tutte le
sue forme: il tempo come materia regolare, irregolare.
Comporre vuol dire catturare il tempo e dargli una forma
(Saariaho, 2013, p. 184).
Per Kaija Saariaho, le dimensioni espressive
della musica, qualsiasi esse siano, possono sempre essere
riconducibili a due caratteri opposti e complementari della
nostra psiche: l’immaginazione e la sicità, quest’ultima
intesa al suo livello più primitivo. L’arte è quindi frutto della
tensione che si viene a creare dal duplice movimento del
pensiero dagli stati della psiche più primitivi – e quindi
inconsci – a quelli più consapevoli, tra i quali la fa da
padrone quella che Carl Gustav Jung denì “immaginazione
attiva (Jung, 1969, p. 49).
Il punto fondante della riessione saariahana,
rappresentato dall’autenticità e dall’utilità dell’opera d’arte,
trova riscontro in quella che la compositrice denisce
“necessità di comporre (Saariaho, 2013, p. 222), ossia il
sentimento e la propulsione a trasferire su carta colori,
idee e suoni. Benché esistano dierenti tipi di questa
necessità, la più importante è indubbiamente quella che
trae le proprie origini dall’aermazione compongo, quindi
2 Aérienne et terrestre è il titolo di uno degli articoli di
Saariaho, pubblicato nel 2005 e contenuto nella raccolta
Le passage des frontières (Saariaho, 2013).
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SituArte
sono (Saariaho, 2013, p. 222): concretizzare e sviluppare le
proprie idee musicali è qualcosa che deriva da un ordine
superiore, da unesigenza esistenziale, senza il cui ardore
non è possibile pervenire alla propria intimità compositiva.
L’asserzione, di indubbia derivazione cartesiana, risulta
essere la concettualizzazione losoca del bisogno di
terminare unopera che caratterizza la vita dell’artista
propriamente detto, e che in Saariaho si aanca all’esigenza
morale – derivante dalla propria formazione protestante –
di creare.
L’approccio simil-romantico al pensiero artistico e
la visione a momenti eterea e astratta dei principi dell’arte
non sono però da considerarsi come le caratteristiche di
una personalità avulsa dal concreto e tendente solamente
all’ideale. La concezione estetica delle arti di Saariaho si
pone, al contrario, come un concetto incarnato e radicato
all’interno di un panorama musicale alquanto variegato,
dove immaginazione e razionalità vengono frequentemente
concepiti come concetti tra loro in contrasto.
Del resto, negli anni in cui la compositrice iniziava
a produrre le sue prime opere il panorama musicale vedeva
polarizzarsi, da un lato, il puro intelletto – con compositori
come Pierre Boulez e Karlheinz Stockhausen –; dall’altro,
il sentimento – in quello che quasi con disprezzo veniva
denito “neoromanticismo, rappresentato da Wolfgang
Rihm e George Rochberg –. Nella visione estetica saariahana
le due tendenze conuiscono, interpolandosi a vicenda:
La musica è diventata per me una forma di
comunicazione: un mezzo di mediazione e di
meditazione, piuttosto che uno strumento per
erigere delle strutture intellettuali. Ma vorrei
allo stesso tempo aggiungere […] che non
tralascio in alcun modo il versante intellettuale
della mia arte. Si tratta senza dubbio di una fase
essenziale durante la denizione delle strategie
compositive, al momento della costruzione del
materiale o quando si pianicano le strutture
formali. […] Io cerco di guidare il materiale e i miei
pensieri in funzione di criteri musicali reali, i quali
non possono essere unicamente determinati
dall’intelletto. (Saariaho, 2013, p. 195)
Nel suo approccio espressivo alla musica, che di
fatto non rinnega l’impiego di intellettualismi, Saariaho
propende per la commistione delle arti e la mutevole
simbiosi tra di esse (Michel, 2000, p. 19). Ne sono un
esempio opere come Lichtbogen (1985/86, per 9 strumenti
ed elettronica), dove l’aurora boreale viene ridipinta dai
suoni, Stilleben (1987/88, per nastro magnetico) dove – tra
paesaggi e luci osservati attraverso il nestrino – ci viene
descritto un viaggio in treno, e ancora in Verblendungen
(1982-1984, per orchestra e nastro magnetico), dove trapela
l’idea che un semplice tocco di pennello su un foglio generi
l’andamento generale del brano, o inne Nymphea (1987,
per quartetto d’archi e live electronics), che riprende le
celebri ninfee dipinte da Claude Monet. Anche il rapporto
tra musica e letteratura ha da sempre inuenzato il pensiero
estetico e compositivo di Saariaho (Saariaho, 1999, pp.
116-119). L’artista è riuscita a mantenere il legame con il
testo anche nelle sue musiche strumentali, sia sotto forma
di testi recitati o addirittura integrati nel gesto musicale –
di cui sono esempio Laconisme de l’aile (1982, per auto
solo), Nymphea e Dolce Tormento (2004, per ottavino solo)
–, sia tramite allusioni a determinati mondi letterari – come
nel caso di Amers (1992, per violoncello, ensemble ed
elettronica) e Près (1992, per violoncello ed elettronica),
entrambi ispirati al poeta francese Saint-John Perse, o Graal
théâtre (1994/97, per violino e orchestra), il cui titolo è preso
in prestito da unopera dello scrittore Jacques Raubaud, o
ancora Du cristal (1989, per orchestra) e …à la fumé (1990,
concerto per auto contralto, violoncello e orchestra) –,
brani che rimandano allo scritto Entre le cristal et la fumée
del biologo francese Henri Atlan.
Dopo gli studi con Brian Ferneyhough e Klaus
Huber alla Hochschule für Musik di Friburgo (tra il 1980 e
il 1982), Saariaho intraprende una collaborazione con gli
spettralisti Gérard Grisey e Tristan Murail presso l’IRCAM
di Parigi, soprattutto per ciò che concerne l’analisi sonora
tramite strumenti informatici (Kaija Saariaho. Biographie,
2019).
I primi brani, tra i quali spicca Verblendungen,
adottano difatti un linguaggio fortemente strutturato
e complesso, nel quale l’elettronica occupa un ruolo di
rilievo. Lopera sopra citata è uno degli esempi più limpidi
di una Saariaho alla ricerca dell’estremo: il brano si fonda su
unesplosione iniziale ricreata musicalmente tramite l’uso
simultaneo di tutti e dodici i semitoni, destinata pian piano
ad aevolirsi.
In questa fase il lavoro della compositrice si
basa soprattutto sull’uso di fasci sonori e timbri cangianti,
che riettono a pieno la ricerca tipica dello spettralismo.
Nonostante ciò, la personalità poliedrica di Saariaho
l’ha sempre portata a tracciare un proprio percorso,
indipendente dalle mode e dalle tendenze dell’epoca: “la
mia musica non è mai stata spettrale – aerma Saariaho
–, “i miei metodi di lavoro e le mie composizioni sono un
miscuglio di più correnti ed estetiche che ho scoperto
durante la mia giovinezza e durante i miei studi e che ho
sviluppato gradualmente in modo personale” (Szpirglas,
2019).
In un’altra intervista, sempre a proposito del
proprio percorso estetico, Saariaho dichiara di non aver
“mai fatto parte di nessuna scuola – di certo di nessuna
scuola post-bouleziana, e nemmeno dello spettralismo.
Non seguo nessuna corrente – sostiene –, “non mi sono mai
posta questioni come «dovrei fare in questo o in quell’altro
modo?». Devo scrivere la mia musica, quindi trovo gli
strumenti per farlo, e inne lo faccio (Clark, 12 agosto 2000).
La sperimentazione della compositrice, quindi, prende le
proprie mosse a partire dall’esigenza di distaccarsi da un
linguaggio ormai logorato, per ricercare nuove traiettorie,
tramite le quali approdare a nuove e inedite soluzioni
(Michel, 2000, p. 20).
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Tra avanguardia e postmodernità: LAmour de loin di Kaija Saariaho
Simone Marino
Il mio intento di formare e di regolare la tensione
musicale mi ha condotta a cercare nuovi
mezzi in due direzioni: organizzare il timbro
e legarlo all’armonia e costruire un sistema di
interpolazioni. Sono consapevole di operare in un
ambiente musicale ricco, il quale ore numerose
possibilità. Ormai ciò che faccio è provare a cercare
delle nuove soluzioni astraendo dei modelli
storici ignorando il vocabolario tradizionale della
musica (e quindi la gerarchia tonale). Non ho mai
impiegato forme precostituite all’interno delle
quali ho incastrato la mia musica. Ho cercato di
non utilizzare, o almeno non più, vecchie soluzioni
divenute ormai schematiche in altri settori della
composizione. Sento che un nuovo linguaggio
prende forma, il quale potrà essere analizzato e
classicato solo una volta che si sarà già denito.
(Saariaho, 2013, p. 135)
L’avvicinamento allo spettralismo funge, però, da
spunto di riessione per la propria estetica musicale. Proprio
verso la ne degli anni ‘80 si manifestano i primi germogli
di una poetica interamente basata sulla ricerca timbrica
(Saariaho & Service, 2016, p. 12): la compositrice vuole
ritrovare nella musica contemporanea degli elementi atti
a ricreare le relazioni di consonanza e dissonanza su cui si
fonda la musica tonale. È così che giunge al cosiddetto “asse
suono-rumore”, ossia al passaggio da un suono puro, il quale
suscita in noi una sensazione di stasi (di consonanza), a un
suono non puro (bruité), che suscita in noi una sensazione
di tensione (come nel caso della dissonanza). Come aerma
Saariaho: “nella mia scrittura strumentale ho già iniziato a
utilizzare l’asse suono-rumore come parametro timbrico in
modo da costruire una forma musicale regolando il grado di
tensione (Saariaho, 1983, p. 269).
Le sonorità della prima Saariaho, ovvero di una
compositrice matura dal punto di vista tecnico ma non dal
punto di vista estetico, sono delle sonorità vivide, roboanti,
estreme. Pian piano, però, la sua musica approderà verso
una riscoperta delicatezza basata su una visione sinestetica
di luci e suoni. I tecnicismi costellano le sue prime
composizioni, per la gran parte fondate sullo sviluppo
perpetuo di un materiale timbrico di base (Grabócz, 2013,
p. 11). È il caso di Verblendungen, basato sulla transizione
dallo “sforzatissimo al “niente” con conseguente passaggio
dall’arco dal ponticello al tasto (Fig. 1), e di Amers, basato
su un tremolo del violoncello tra suono fondamentale e
quarto armonico, con annesso spostamento dal tasto al
ponticello (Fig. 2).
Questo tipo di sonorità sottile ottenuta tramite
l’uso degli armonici sarà fondante nella poetica della
Saariaho matura, come è possibile evincere in unopera più
tarda, Cloud Trio (2009, per violino, viola e violoncello), dove
l’uso di passaggi veloci tra fondamentali e parziali dei suoni
rende l’atmosfera rarefatta e sospesa (Fig. 3).
Figura 1
Materiale di base di Verblendungen (1982-1984).
Figura 2
Materiale di base di Amers (1992).
L’Amour de loin e la postmodernità
Sono proprio questa rarefatta tensione e
questi timbri sfocati a pervadere e a trovare massima
espressione ne LAmour de loin, questa suggestiva opera
in cinque atti costruita sul cristallo, dal carattere intimista
(Campo, 17 agosto 2000) e dell’orchestrazione soprana
(Tommasini, 17 agosto 2000). LAmour si è aermato come
uno dei drammi musicali contemporanei più conosciuti e
apprezzati; quest’opera ha ottenuto diversi riconoscimenti
e le sue numerosissime rappresentazioni hanno portato
la critica a denirla un “successo trionfale” (Colombo, 17
agosto 2000).
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SituArte
La trama del libretto di Maalouf intreccia la Vida
Breve del trovatore e principe di Blaye Jaufré Rudel con la
sua poesia Lanquan li jorn son lonc en mai, testo utilizzato
anche in Lohn (1996, per soprano ed elettronica). Lopera è
ambientata nel XII secolo, epoca in cui visse e fu attivo il poeta.
Stanco di unesistenza unicamente dedita al divertimento e
alle frivolezze tipica dei giovani del suo rango, il nobile è
mosso dal forte desiderio di un amore diverso e lontano,
ma allo stesso tempo è rassegnato all’idea che mai un
sentimento così raro possa nascere. Contrariamente alle sue
aspettative e a quelle dei suoi compagni, un Pellegrino che
viene da terre remote gli narra di una donna straordinaria
conosciuta a Tripoli. Ossessionato dall’idea dell’amata, che
dipinge continuamente nei suoi componimenti, Jaufré
decide di mettersi in mare per poterla vedere (Saamishvili,
2018, pp. 667-668).
A Tripoli, Clémence viene a sapere dal Pellegrino
che un principe parla di lei nelle sue poesie. Inizialmente
sospettosa, anche la contessa è presto rapita dal sogno di
un amore lontano. Durante il viaggio, però, Jaufré si ammala
e giunge ormai morente al cospetto della donna. Dopo
essersi amati a lungo da lontano, i due si incontrano per la
prima volta. Il pericolo imminente cancella ogni perplessità:
si confessano la loro passione, si abbracciano e promettono
di amarsi per sempre. Quando Jaufré, ormai allo stremo
delle forze, spira tra le braccia di lei, Clémence protesta
contro il cielo, ma, una volta tornata in sé, decide di ritirarsi
in convento in quanto si sente responsabile dell’avvenuta
tragedia. L’ultima scena la ritrae in preghiera; le sue parole,
tuttavia, sono ambivalenti: non è chiaro se, in ginocchio, stia
invocando Dio oppure il suo amore da lontano (Saariaho,
s.d.).
È proprio in quest’ultimo atto che si disvela
l’oracolo su amore e morte, tema da cui la compositrice era
partita per lideazione dell’opera e a cui, alla ne, giunge
portando con sé lo spettatore. Con Saariaho e Maalouf, Eros
e Thanatos si declinano in una maniera sorprendentemente
diversa: se l’amore “lontano” è quello vivicante, motivo
di ispirazione e sorgente di vita, l’amore “appagato non
conduce ad altro che a soerenza, follia e morte.
Ma è proprio la morte che, portando via con sé
l’esistenza sica di Rudel sulla terra, ripristina un nuovo
amore lontano, quello che sembra palesarsi nella scena con
la quale si chiude l’opera, la preghiera di Clémence. Questa
interpretazione dei due volti dell’esistenza umana sublima
la visione dell’amor cortese e la trasla in un contesto ancora
Figura 3
Cloud Trio (2009), II mov., bb. 74-77.
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Tra avanguardia e postmodernità: LAmour de loin di Kaija Saariaho
Simone Marino
più puro e sovrannaturale: quello dell’eterna celebrazione di
un sentimento la cui forza sta nel mancato soddisfacimento.
Proprio a proposito della dicotomia tra Eros e Thanatos, in
unintervista concessa all’autore, Saariaho aerma che:
(...) questi elementi sono presenti in ogni vita
umana, ed essi sono diventati i temi principali
de LAmour de loin in parte per questa ragione.
L’amore e la morte sono dei misteri, e io ho voluto
provare ad analizzarli tramite la musica, esplorare
la loro essenza, laddove i mezzi delle parole
non bastano e la nostra comprensione non può
arrivare. (Saariaho, 2022)
La genesi dell’opera richiese diversi anni di
preparazione. Lavori come Château de l’âme (1996,
per soprano e orchestra), Lohn e Oltra Mar (1999, per
coro e orchestra) hanno avuto un ruolo fondamentale
nell’anamento della scrittura vocale, e in particolare delle
sue sfumature legate al tema della lontananza e dell’amore.
Dato che in particolare la produzione di Lohn, brano scritto
per il soprano Dawn Upshaw, aveva avuto un buon esito,
Saariaho si sentì incoraggiata a presentare il suo progetto
d’opera a Gerard Mortier, direttore del Festival di Salisburgo.
Mortier si entusiasmò immediatamente e si mise subito in
moto per far sì che il progetto divenisse realtà.
Il contributo decisivo fu però quello di Peter
Sellars, che Saariaho aveva conosciuto tramite le sue
messe in scena di opere come il Don Giovanni di Mozart
(per la compositrice un punto di riferimento) e Rake’s
progress di Stravinskij (con Dawn Upshaw nel ruolo di
Anne Trulove), nonché per la ripresa dell’opera Saint
François d’Assise di Messiaen, rappresentata a Salisburgo
nel 1992 in collaborazione con il direttore d’orchestra Esa-
Pekka Salonen. Questo “incontro improbabile” (Barrière,
2013, p. 25) con Sellars, regista teatrale glio di una
generazione profondamente inuenzata dalle avanguardie
e caratterizzata dal bisogno di spezzare con la tradizione
accademica, fu di fondamentale importanza per la
realizzazione dell’opera: nonostante gli abbozzi inviati dalla
compositrice, il regista ha sempre aermato di volere carta
bianca. Saariaho si è sempre mostrata molto riconoscente
a Sellars, il quale riusciva a stupirla sempre di più con il
proprio genio artistico:
(...) a Salisburgo, durante le prove, ho avuto
modo di scoprire il suo modo di descrivere la
mia musica ai cantanti. Trovava delle spiegazioni
straordinarie. Ciò mi ha permesso di sperimentare
un nuovo punto di vista, e quindi una diversa
prospettiva. Egli non ha voluto parlarmi durante
il periodo di allestimento. Solamente prima della
generale mi ha detto che era quello il momento
di dirgli se c’era qualcosa che proprio non mi
piaceva… per quello che avevo visto, si trattava
proprio delle mie idee, ma formidabilmente
interpretate e sviluppate da lui e da George
Tsypin, lo scenografo. (Saariaho, 2013, p. 312)
LAmour è basato su una struttura molto precisa:
tredici quadri, più un preludio, organizzati secondo la
classica divisione in cinque atti dell’opera francese, così
costruita sin dalle sue origini. Se nel primo atto Jaufré
Rudel (baritono) e il suo desiderio fanno da protagonisti,
nel secondo si tracciano con maggiore denizione i
contorni del personaggio di Clémence (soprano). Colui che
congiunge i due mondi, Oriente e Occidente, è il Pellegrino
(mezzosoprano), una gura i cui tratti surreali vengono
accentuati dal ruolo vocale.
La suddivisione in cinque atti è raramente
impiegata al di fuori del genere prettamente francese;
questo tipo di ampia architettura è difatti tipica di lavori
come Le Bourgeois gentilhomme (1670) di Molière e Lully,
per poi passare a caratterizzare opere come Robert le Diable
(1831) di Meyerbeer e no al Pelléas et Mélisande (1893-1902)
di Debussy. LAmour non si limita, però, a emulare una mera
forma prestabilita, ma riprende elementi peculiari dell’opera
francese: se la mancanza di pezzi chiusi – e il conseguente
usso continuo che ne risulta – segna una netta distanza
dal genere tradizionale, punti di contatto con questo sono
invece l’elemento mistico-sovrannaturale e la presenza dei
cori che prendono parte alla vicenda in maniera attiva. Con
il Pelléas quest’opera condivide anche la suddivisione in
tableaux, architettura che si ritrova anche nel Saint-François
d’Assise (1975-1983) di Olivier Messiaen. Inoltre, in materia di
motivi ricorrenti Saariaho si rifà alla tradizione wagneriana
e novecentesca, nella quale determinati elementi musicali
venivano utilizzati ciclicamente per introdurre situazioni
analoghe fra loro. I leitmotive saariahani, però, hanno una
funzione timbrica piuttosto che strutturale: essi sono in
numero ridotto e di breve durata, e vengono impiegati per
accompagnare l’ascoltatore verso nuovi mondi espressivi.
In questo primo dramma si rende manifesto
il grande equilibrio simbiotico tra avanguardia e
postmodernità raggiunto proprio grazie alle esperienze
e alle ricerche che hanno accompagnato la compositrice
nel percorso n qui descritto. Uno dei primi ad associare
l’opera ai principi estetici della postmodernità è il giornale
austriaco Der Standard, con un articolo uscito a pochi
giorni dalla première di Salisburgo dal titolo Postmoderner
Liebestod (17 agosto 2000); quest’ultimo termine, per altro,
sottolinea un rimando al Tristan und Isolde (1859) di Wagner,
uno dei capolavori, insieme al Pelléas di Debussy, che
maggiormente hanno ispirato il dramma di Saariaho.
Se, come LAmour de loin, anche opere come
Erwartung (1909) e Madama Buttery (1904) sono esempi
straordinari di “storie di un’attesa (Mao-Takacs, 2013, p.
37); al contrario, non si sbaglia se si aerma che i legami
con la drammaturgia musicale del secondo Novecento
siano pressocché assenti. Rispetto a opere come Le Grand
Macabre (1977) di György Ligeti, Intolleranza 1960 (1961) di
Luigi Nono, Licht (1977-2003) di Karlheinz Stockhausen o
la recentissima Amorosa presenza (2022) di Nicola Piovani,
LAmour rappresenta il frutto maturo di un percorso del
tutto diverso, profondamente strutturato e caratterizzato
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da unincessante ricerca di un inedito che non sia né
reazionario e nemmeno sterilmente rivoluzionario.
Nei confronti della contemporaneità, quindi,
la visione di Saariaho rispecchia a pieno i principi della
cosiddetta condizione postmoderna” (Lyotard, 1979).
La sua prima opera presuppone, difatti, una rimessa in
questione della visione storicistica della storia della musica
e del concetto di modernità in generale attraverso una
costante preoccupazione per l’intellegibilità del testo e
della musica. L’accento viene posto sulla comunicazione,
e l’uso di determinati elementi musicali del passato o della
modernità concorre a raggiungere questo ne.
La postmodernità musicale elude quindi la
questione del linguaggio, evitando come ne l’attività
compositiva autoriferita, per concentrarsi, come nel caso
di Saariaho, su altri e prioritari aspetti. Questa condizione
implica il sottrarsi alla speculazione intellettuale sul
materiale musicale e il tenere a distanza l’intellettualismo
virtuosistico (Grange, 2000, p. 12).
Lopera vede la contemporanea presenza di
due principali aree linguistiche: da un lato, la modalità
medievale, sulla quale sono basate soprattutto le linee
vocali; e dall’altro, la micropolifonia e le tecniche estese,
impiegate nelle parti strumentali, e talvolta in quelle corali.
La linearità delle voci che si dispiegano sul palcoscenico
ricoperto da uno specchio d’acqua – a richiamare il mare
che separa Tripoli dall’Aquitania – riprende, indubbiamente,
la naturalezza delle inessioni modali del canto dei trovatori,
mentre i timbri orchestrali e l’elettronica conferiscono
all’opera un carattere moderno.
Dopo il preludio Traversée, il primo di tredici
tableaux non è altro che una canzone di Rudel, la cui
semplicità, frutto di un immenso studio, ore un esempio
del grande successo della fusione tra avanguardia e
postmodernità. Mentre l’intonazione del baritono si muove
tra il modo di Do e di Re eolio (Fig. 4), lorchestra evoca
suoni ed eetti lontani grazie all’uso di microtoni, glissando,
suoni bruités e armonici.
Figura 4
LAmour de loin, Atto I, bb. 90-97.
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Tra avanguardia e postmodernità: LAmour de loin di Kaija Saariaho
Simone Marino
Figura 5
LAmour de loin, III Atto, bb. 209-212.
Figura 6
LAmour de loin, III Atto, bb. 643-649.
A questa idilliaca scrittura modale vengono
interpolati, durante tutta l’opera, timbri rarefatti e momenti
di micropolifonia. Ne sono esempi due passaggi di seguito
riportati; nel primo (Fig. 5), Saariaho utilizza al auto
contralto un frullato associato alla transizione da suono
puro a suono vuoto (quindi semplicemente soato),
mentre i auti e l’ottavino eseguono dei glissando; nel
secondo (Fig. 6), invece, si rende palese una scrittura di
stampo ligetiano – se si pensa a Lux Aeterna (1966) o a
Lontano (1967) – nella quale vengono sfruttati il cluster e
la stereofonia, oltre che le fusioni timbriche. A tutto ciò si
aggiunge l’uso dell’elettronica, fondamentale nell’opera
per ricreare atmosfere, appunto, “lontane”. Le tracce sono
state realizzate all’IRCAM con la collaborazione di Gilbert
Nouno e vengono attivate dal pianista e diuse nella sala
per mezzo degli altoparlanti (Battier & Nouno, 2003).
Conclusione
Come si è potuto constatare, l’aspetto
straordinario di quest’opera sta nel fatto che tutto il materiale
avanguardistico non ha un mero ne virtuosistico, bensì
risulta essere semplicemente uno strumento tecnico-
compositivo per creare atmosfere e trame sonore molto
suggestive. Difatti, e qui emerge l’aspetto postmoderno, il
dramma risulta immediato e lineare all’ascolto, capace di
trasportare il pubblico e condurlo in un viaggio tra Oriente
e Occidente, oltre che fargli esperire il vero nucleo tematico
dell’opera, ossia la dialettica amore-morte. Difatti, come
sostiene Georgina Born parlando proprio di Saariaho, “il
postmodernismo implica un superamento della storica
divisione tra cultura dotta e cultura popolare (Born, 1995,
p. 46).
Lopera riette in toto la concezione della
postmodernità esposta da Umberto Eco nelle Postille a
Il nome della rosa: “la risposta post-moderna al moderno
consiste nel riconoscere che il passato, visto che non può
più essere distrutto deve essere rivisitato: con ironia,
in modo non innocente (Eco, 1984, p. 528). È proprio
questo che ricrea Kaija Saariaho – Leone d’Oro alla carriera
della Biennale di Venezia (2021) – nella propria musica,
riesumando, tramite mezzi attualissimi (come le tecniche
estese, l’elettronica e la ricerca spettrale) canoni estetici
ormai considerati desueti, al ne di erigere un dramma nel
quale tradizione e innovazione convergono in un modo del
tutto inedito.
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