Revista de Ciencias Humanas y Sociales. FEC-LUZ 
fatta  di  parole  che  sostituiscono  il  verosimile  al  vero,  attraverso  un 
ragionamento  plausibile,  basato sull’illusione e  su artifici  ingannevoli. È 
per questo che i sofisti vengono considerati in maniera negativa dagli altri 
filosofi, che cercavano la verità. Tra i sofisti, viene ricordato Protagora, 
filosofo  originario  della  Tracia,  che  viaggiava  in  tutta  la  Grecia  per 
impartire, a pagamento, il suo sapere e l’arte di persuadere attraverso l’uso 
della parola. Protagora è famoso per la sua opera Alétheia, nota anche con 
il  titolo  Katabàllontes,  di  cui  possediamo  solo  qualche  frammento  e  che 
riguarda  la  demolizione  dell’idea  tradizionale  di  verità,  attraverso 
confutazioni. Un altro sofista, vicino al pensiero di Protagora, è Gorgia, 
che  ribalta  la  concezione  tradizionale  di  un’unica  verità  per  affermare 
l’esistenza di tante  verità. Da ciò  deriva una relatività in base alla  quale 
ogni  individuo  è  depositario  di  una  sua  incontestabile  verità,  derivante 
dalle  sue  sensazioni,  dalle  sue  opinioni  e  dalle  sue  esperienze.  Questo 
atteggiamento, però, porta a disorientamento e, dal punto di vista politico, 
addirittura all’ingovernabilità.  
Nella visione di Protagora, la guida migliore per la società non è 
chi possiede la verità, in quanto non esiste un’unica verità, ma chi, grazie 
alle sue competenze, è in grado di persuadere e guidare la comunità verso 
ciò  che  per  essa  è  più  vantaggioso.  Protagora  sostiene  che  alla  fede 
assoluta nella alétheia si deve sostituire quella nel logos, nella “parola”. Nella 
sua opera, Antilogie, ovvero “discorsi contrari”, afferma che su ogni cosa è 
possibile pronunciare due discorsi opposti l’uno rispetto all’altro (PEPE, 
2020).  In  assenza  di  una  verità  assoluta  è,  perciò,  valido  tutto  e  il 
contrario di  tutto,  in  una  relatività che  investe  ogni cosa  e  che  porta a 
disorientamento.  La  parola,  inoltre, per  Protagora  può  essere  usata per 
persuadere  gli  ascoltatori,  indipendentemente  dalla  verità,  poiché  è  in 
grado, se usata ad arte, di rendere più forte il discorso debole. I sofisti 
fanno  dell’arte  della  parola  l’arte  superiore  a  tutte  le  altre,  in  grado  di 
trascinare gli animi, attraverso l’illusione e l’inganno.  
La competizione verbale diventa, così, un’arte fine a sé stessa e il 
fulcro  dell’euristica.  Ne  è  un  esempio  l’Encomio  di  Elena,  scritto  da 
Gorgia, che mira a ribaltare le convinzioni legate alla figura di Elena e al 
suo  ruolo  nella  guerra  di  Troia.  Per  Gorgia,  infatti,  Elena  non  è  la 
seduttrice che ha causato la guerra, perché è colpevole solo chi compie 
un’azione, mentre  lei  non  ha  agito  ma  subito le  azioni  provocate o  dal 
Caso, o dagli dèi o da Paride (PEPE, 2020). Ad ingannare Elena possono 
essere  state  le  parole  ingannevoli  e  persuasive  di  Paride,  logos  e  peithó, 
oppure eros con la sua potenza distruttiva. Nell’Encomio, Paride è lontano 
dall’eroe omerico che rispecchia l’ideale del kalòs kai agathós, non è bello e